Guida all'investimento: Prima parte - Quando investire e come definire gli obiettivi.

Prima puntata della guida per capire quando investire, dove investire e su cosa investire.

Guida all'investimento: La Diversificazione

In questo post analizziamo l'importanza della diversificazione per il nostro portafoglio.

Guida all'investimento: Quarta Parte - Quali strumenti utilizzare per l'Azionario?

In questo post cerchiamo di capire come orientarci tra i vari strumenti disponibili

Come si seleziona un fondo?

Scopri i criteri fondamentali per la selezione del tuo fondo attivo.

Lazy Portfolio

Semplicità e buoni rendimenti. Scoprili.

sabato 18 aprile 2015

Il Lazy Portfolio di Swensen dopo 15 mesi. Come va?

Un piccolo promemoria

Molti di voi sapranno di cosa sto parlando, ma può darsi che siate appena arrivati sul blog seguendo un link da un forum o da un motore di ricerca. In questo caso vi consiglio la lettura del post sul Lazy Portfolio di David Swensen. Questo post è infatti un aggiornamento sulle performance del lazy portfolio rispetto al fondo attivo che a suo tempo ho scelto come benchmark.

Se proprio siete nuovi nuovi vi consiglio anche la lettura dei post sui lazy portfolio in generale e su come selezionare un fondo attivo..

Dove ci eravamo lasciati

Nel mio ultimo post, che risale ormai a più di un anno fa, ci eravamo lasciati con questa situazione (Fate click sull'immagine se la vedete piccola):



In pratica dopo tutta la fatica fatta per adattare il portafoglio di Swensen alla situazione europea avevamo un portafoglio che era dietro al fondo di Templeton scelto come "avversario", il Templeton Global Balanced Fund.

Quello che mi aspettavo per il futuro era che le minori commissioni del portafoglio passivo portassero nel tempo questo portafoglio a superare il Templeton, anche se rimane l'incognita della tassazione: ogni ribilanciamento, infatti, costerà in termini di tasse, mentre il nostro Templeton (essendo un unico fondo) non avrebbe alcun problema da questo punto di vista.

Vi ricordo che avevo deciso di rispettare queste regole:
  • Acquisto al prezzo di chiusura (per semplicità)
  • Commissioni allo 0,19%, minimo 3 - massimo 19 euro.
  • Ribilanciamento trimestrale secondo la regola del 5/25, eseguito il primo lunedì successivo alla chiusura del mese (ipotizzando che l'investitore controlli la sua posizione nel weekend)
L'ultimo controllo che avevamo fatto era ad Ottobre 2013. Fino a quel momento non c'era stata necessità di ribilanciamenti. Vediamo cosa è successo nei trimestri successivi.

Ribilanciamenti

A Gennaio 2014 si è reso necessario il primo ribilanciamento del nostro portafoglio: questa la situazione.


Rispettando le regole che ci siamo dati ci accorgiamo che l'allocazione dei Paesi Emergenti è minore di 3,75% che è 5% - il 25%.

Decidiamo quindi di acquistare 1600 euro di quote vendendo una somma analoga dal nostro stock di azioni in Euro. Non ribilancio le altre categorie perchè sono ancora nel range di variazione accettabile.

Così facendo il 3 febbraio vendiamo 21 quote di Ishares MSCI Emu a 80,20, incassando 1590.2 euro già al netto di circa 94 euro che vengono bruciati tra tasse (avevamo acquistato a 58.55) e commissioni. Il 7 febbraio 2014 (dopo aver atteso i 3 giorni per avere la liquidità in conto) acquistiamo le quote extra di Amundi ETF Msci Emerging Markets: si tratta di 600 quote a 2,747, per un controvalore di 1.651,53, comprensivi di 3,13 euro di commissioni.

Questa la situazione il 10 di febbraio, ad operazioni concluse, che mostra come siamo tornati nei range accettabili per i nostri target.



Cosa accade nei mesi successivi?


Come potete vedere cliccando sull'immagine sopra non vi sono casi di scostamenti ulteriori che richiedono un ribilanciamento. Vi ricordo che in tutti i casi in cui l'allocazione è superiore al 20% la nostra soglia per il ribilanciamento è il 5% di scostamento. Con il 15% di allocazione il nostro range è 11,25%-18,75%, mentre con il 5% è 3,75%-6,25%.

Ci stiamo avvicinando a un ribilanciamento sia per i REIT che per i bond, ma al momento non sono ancora scattate le soglie. Mentre sto scrivendo questo post (18 aprile 2015), saremmo in ribilanciamento, ma vedremo di qui al 30 aprile come si muoveranno i titoli.

Si, ok.. ma che mi frega? Come va il portafoglio?

Giudicate voi stessi:


C'è stato un sorpasso del Lazy sul Templeton, ma è ancora "too close to call". Stiamo parlando di 800 euro su 160 mila e spicci.

Vi ricordo che siamo entrati il 30 Aprile 2012 in questo confronto.. dopo 3 anni (di borse record) abbiamo guadagnato circa 60k, ovvero quasi un 20% annuo. Non male no? Non aspettatevi questi rendimenti nei prossimi anni però. Anzi, sarà interessante vedere quale dei due concorrenti passerà meglio attraverso la prossima crisi.

Ma grazie... hai scelto un fondo che fa schifo. Non ha le 5 stelle!

So che il mito delle 5 stelle è duro a morire... per questo ho deciso di includere nel confronto anche alcuni altri fondi famosi che potrebbero rappresentare un'alternativa.

Partiamo dal Fidelity Funds - Euro Balanced Fund A-Acc-EUR. 5 stelle Morningstar, valutazione bronze dal punto di vista qualitativo. Si tratta di un fondo che investe prevalentemente in azioni europee e al momento ha il 65% investito in azionario. Non è esattamente un benchmark ottimale perchè non copre tutte le aree mondiali, ma potrebbe essere un'alternativa acquistabile dal piccolo investitore.

Un altro fondo da considerare come alternativa potenziale è il Carmignac Portfolio Patrimoine A EUR acc un tempo molto in voga nei forum e tra i promotori. Questo fondo ha 4 stelle Morningstar, valutazione qualitativa silver, voto 4 da Lipper Leaders su consistenza dei rendimenti e a differenza del Fidelity Funds investe in tutto il mondo, anche se con una percentuale di azionario inferiore al nostro Lazy (circa 50%).

Aggiungo poi il BlackRock Global Funds - Global Allocation A2 . Si tratta di un fondo con rating qualitativo Gold da parte di Morningstar, quattro stelle e 4 corone Brating. Target azionario intorno al 50%.

Infine considero anche il fondo con 5 stelle morningstar, 5 come rating di costanza di rendimento Lipper Leaders Eurizon Manager Selection Fund – MS 70, fondo di fondi con benchmark al 70% azionario. Mi aspetterei rendimenti più bassi per il doppio strato di commissioni di gestione, ma vedremo.

Dunque, come va il nostro Lazy Portfolio confrontato con questi 4 fondi attivi?


Sorpresi? Io un po', ma teniamo sempre conto di una cosa.. stiamo parlando di fondi anche con aree di investimento diverse e percentuali di allocazioni all'azionario diverse.
Proviamo a confrontare i 6 portafogli con l'aiuto dello Sharpe Ratio, indicatore che permette di mettere in relazione i rendimenti con il rischio del fondo. Detto brevemente, se un portafoglio ha Sharpe ratio maggiore ha portato rendimenti più alti per ogni unità di rischio.


Come si può vedere il Lazy Portfolio ha sostanzialmente lo stesso Sharpe ratio dei fondi Templeton e BlackRock (calcolato nel periodo 30/04/2012-15/04/2015). Hanno fatto peggio i fondi di Carmignac e Fidelity Funds (con rendimenti minori per la stessa unità di rischio rispetto ai 3 precedenti).
Elevato invece lo Sharpe Ratio del fondo Eurizon (1,02), in giallo nel grafico soprastante, che tuttavia chiude 10 mila euro sotto al nostro Lazy come controvalore complessivo.

In Conclusione

Quindici mesi dopo l'ultimo aggiornamento il nostro lazy come si è comportato?
  1. Il controvalore totale è pari o superiore a quello che avremmo ottenuto investendo ad Aprile 2012 in un fondo di BlackRock, Carmignac, Templeton, Eurizon o Fidelity Funds.
  2. Lo Sharpe Ratio ci conferma che il rapporto rischio/rendimento del portafoglio è al pari dei fondi citati.
  3. Il turnover totale in 3 anni è risultato di circa lo 0,43% (quindi con un bassissimo impatto in termini di costi di gestione del portafoglio)
Se guardate bene il grafico vi accorgerete anche di come vi siano dei momenti in cui il portafoglio "soffre". Nel 2013 il controvalore passa dai 120.791 del 21 maggio a 109.130 del 24 giugno.. un forte calo in un solo mese. Questo calo si ripete nel 2014. Il 5 settembre il portafoglio valeva 137.889 euro e scende a 127.885 euro a fine ottobre.
Rimane sempre la raccomandazione di investimento con ottica sul lungo periodo.

Al prossimo aggiornamento!

sabato 28 dicembre 2013

La ricchezza delle famiglie italiane è investita male?

Il 13 Dicembre 2013 la Banca d'Italia ha pubblicato un supplemento al suo bollettino statistico che analizza la ricchezza degli italiani.

Quando mi sono messo a leggere il bollettino (su gentile segnalazione del nostro lettore Killerinpensione) la cosa che mi ha colpito di più è stata la ripartizione di questa ricchezza:


Il grafico che vi ho riportato riporta esclusivamente gli asset finanziari. Non vi sono incluse le abitazioni (che rappresentano la parte maggiore della ricchezza).
A voi sembra una ripartizione folle? A me sì.

Colpisce molto come l'investimento principale degli italiani sia il cash... sia sotto forma di denaro contante che di depositi bancari. Nella colonna che vedete ho aggregato sia il denaro in forma contante, sia i depositi bancari e il risparmio postale.
Quasi 1200 miliardi di euro sono detenuti dagli Italiani in forma liquida. Sospetto che buona parte di questi sia in conti deposito che per molti Italiani sono diventati uno dei mezzi principali di risparmio, mentre un'altra buona fetta è probabilmente su conti bancari normali che non rendono nulla.

Considerando che da una breve ricerca via internet il conto deposito più remunerativo rende il 3,5% lordo capiamo subito come ad oggi una grossa fetta degli investimenti delle famiglie sia investita in strumenti con rendimento basso.

Un'altra grossa fetta di capitale è investita in quote societarie.. si tratta delle imprese non quotate, dalla Ferrero al fornaio sotto casa... qui non c'è molto da commentare, è un bene che questi 750 miliardi e rotti siano qui.

Altri 700 miliardi sono invece investiti in obbligazioni e prestiti sociali, di cui circa 180 miliardi in BTP e affini e ben 370 miliardi in obbligazioni bancarie detenute direttamente.
Temo che la gran parte degli investitori non abbia diversificato né gli emittenti, né le scadenze, finendo "preda" di consigli allo sportello.

Non è mia intenzione mettere in dubbio la solidità di questa o quella banca, intendiamoci. Quello che vorrei far passare è il semplice concetto della diversificazione: un qualsiasi titolo emesso da un'azienda privata non è sicuro quanto l'analogo titolo di Stato (ed è uno dei motivi per cui in condizioni normali rendono di più).

Concentrare i propri risparmi su un solo emittente privato, magari lo stesso del conto deposito, è una situazione che crea del rischio non necessario.
Anche la semplice suddivisione del rischio su più emittenti nazionali non è sufficiente, a mio parere, per fornire una diversificazione ottimale: a fronte di una crisi sistemica è difficile credere che (sempre ipoteticamente parlando) Unicredit abbia dei problemi e invece Intesa e Popolare di Milano no, tanto per fare un esempio.

I fondi comuni hanno i loro limiti e bisogna sapere che cosa si sta tenendo in portafoglio, ma la diversificazione degli emittenti che sono in grado di fornire con l'acquisto di una sola quota è uno dei maggiori benefici e meriterebbe di essere tenuto adeguatamente in considerazione!

Questo è specialmente vero nel caso di quei risparmiatori che rinnovano di scadenza in scadenza un portafoglio di obbligazioni bancarie. Se abbiamo in portafoglio 3 obbligazioni della nostra banca per importo analogo, una che scade nel 2017 (e supponiamo di duration 2.5), una che scade nel 2020 (duration 5) e una nel 2023 (duration 7, supponiamo) e ad ogni scadenza ne acquistiamo una che scade 10 anni più in là, non è diverso da detenere un fondo comune visto l'impatto che hanno i movimenti dei tassi di interesse sul loro valore.
Nello specifico sarebbe equivalente a detenere un fondo comune di duration (2.5/3+5/3+7/3)= 4,83, ovvero un fondo su scadenze intermedie.

Vi è tuttavia una maggior sicurezza psicologica data dal sapere di avere un rimborso certo a una determinata scadenza. Lo stesso beneficio si può ottenere suddividendo su due fondi comuni le somme. Se mettessimo 1/3 in un fondo con duration 1 e 2/3 in un fondo con duration di circa 7 otterremmo un portafoglio con una rischiosità complessiva simile a quella delle 3 obbligazioni singole, ma con 1/3 del portafoglio investito in obbligazioni a breve che non dovrebbero subire scivoloni maggiori di 1-2 punti percentuali anche nei casi peggiori.

Il vantaggio sarebbe tuttavia quello di godere di una più ampia diversificazione e quindi di minori rischi in caso di crac di singoli emittenti (Parmalat o Lehman Brothers vi dicono qualcosa?).

Il discorso fatto per i fondi comuni è valido anche per gli ETF.

Importante anche il valore degli asset gestiti dalle compagnie di Assicurazione, circa 700 miliardi, che comprende anche i fondi pensione. In questo caso vale sempre il nostro warning sui costi: fate attenzione ai caricamenti delle polizze.
Se di 100 euro di premio venti se ne vanno in commissioni, capite subito che prima di avere un rendimento positivo il vostro portafoglio assicurativo deve fare un +25% (80+ 80*25%=100). E' uno dei motivi per i quali dovete sempre fare molta attenzione ai costi della vostra polizza vita o del vostro pip!

Arriviamo infine alle note dolenti.. solo 266 i miliardi investiti nei fondi comuni da parte delle famiglie italiane. La cosa si fa ancora più triste nel momento in cui realizziamo che la Banca d'Italia include anche gli ETF nell'aggregato dei fondi comuni (si veda questa pubblicazione).

Considerando che la ricchezza totale delle famiglie è di circa 3600 miliardi di euro, meno del 10% della ricchezza complessiva è investita negli strumenti che possono garantire la miglior diversificazione all'investitore a fronte di costi relativamente contenuti (specialmente nel caso degli ETF).

A nostro parere questa è una vera anomalia. Sarebbe interessante capire le ragioni di questa particolare avversione al risparmio gestito e può essere che una parte sia dovuta anche a cattive esperienze passate. Il problema è che si rischia di rifiutare una intera classe di strumenti solo perchè magari siamo stati male consigliati in passato su alcuni di essi... d'altronde se il medico sbaglia una diagnosi cambiamo medico, non smettiamo certo di prendere medicinali no?
Non si capisce perchè in questo caso non si possa cambiar promotore o consulente finanziario invece che ignorare completamente una classe di prodotti che garantiscono:

  1. Accesso facile e immediato a tutti i mercati mondiali
  2. Accesso facile e immediato a tutte le asset class esistenti.
  3. Grande diversificazione degli emittenti (e quindi ridotto rischio di perdita di capitale per fallimenti)
Pensateci, e magari cercate di rivedere un po' la vostra allocazione se, come per molte famiglie, solo il 10% dei vostri risparmi è investito in questi strumenti.

Arriviamo infine alle azioni: solo 70 miliardi circa detenuti in questo strumento.
Valgono anche qua le considerazioni già viste per le obbligazioni bancarie: a meno che non vi riteniate il nuovo Buffet, il nuovo Peter Lynch o il nuovo Graham, fatevi una cortesia investendo in azioni attraverso i fondi comuni o gli etf.

Anche con solo 10.000 euro potrete arrivare a detenere quote di 1.000-2.000 imprese diverse e questo ridurrà fortemente il rischio di perdite rilevanti e permanenti (anche se non ridurrà i momentanei scivoloni insiti nell'investimento azionario).

Vorrei chiudere invece con un grafico sull'asset allocation delle famiglie italiane.
I dati per la ripartizione di polizze e fondi comuni sono stati presi da questa analisi della banca d'Italia e mostrano come in media il 76% delle somme nei fondi comuni siano investite in strumenti obbligazionari, così come il 67% di quanto investito nelle polizze.
L'allocazione è notevolmente conservativa. Nel nostro post sul perchè investire in azioni abbiamo cercato di spiegarvi i benefici di questa tipologia di investimenti.
Non posso che rimandarvi alla lettura di quell'articolo oppure della parte della guida all'investimento che riguarda la selezione della quota azionaria ottimale.

Buona lettura.

mercoledì 18 dicembre 2013

Da Yale all'Italia: il Lazy Portfolio di David Swensen.

Nel precedente post sui lazy portfolio vi avevo promesso un adattamento dei più famosi lazy portfolio al caso Italiano.
Il portafoglio da cui ho deciso di partire è quello di David Swensen (nella foto).
Foto di David Swensen

David Swensen è famoso principalmente per il suo lavoro come gestore del fondo di investimento della Yale University (che garantisce fondi extra per la gestione dell'Università). Nel corso della sua gestione (cominciata nel 1985) ha sviluppato quello che è diventato famoso come il Yale Model e che l'ha portato ad ottenere ottimi rendimenti nel corso degli anni (+11,9% annualizzato dal 2000 al 2009, +11% annualizzato negli ultimi 10 anni al 30 giugno 2013).

Oltre a scrivere un libro per investitori professionali, questo gestore ha scritto anche un libro per "comuni mortali", dal titolo Unconventional Success. Sfortunatamente questo libro non è stato tradotto in Italiano (e lo ritengo un vero peccato). Vi consiglio comunque la lettura di Unconventional Success in lingua originale (se ve la cavate) perchè il libro merita davvero.


Il lazy portfolio di Swensen - La teoria.

L'approccio di Swensen è piuttosto chiaro: se sei un gestore di fondi con grande conoscenza e passione puoi tentare di essere attivo. Se sei un piccolo investitore il gioco non vale la candela. Tanto vale sposare la replica passiva e accontentarsi della scelta corretta dei mattoni (le asset class) che vanno a comporre il proprio portafoglio.

Nel testo Unconventional Success l'autore propone un portafoglio per il piccolo investitore, di lunghissimo periodo. L'idea è quella di avere a disposizione una somma per costruire un supporto alla propria pensione e che questa somma (a meno di disastrosi imprevisti) non debba essere mai intaccata.

Il portafoglio è anche figlio delle convinzioni dell'autore. Nel libro, infatti, prende posizione in maniera netta sulle asset class a disposizione dell'investitore retail. Da un lato identifica le asset class "core" e quelle "non-core", esprimendo la convinzione che quelle del gruppo non-core siano in ogni caso scelte sub-ottimali rispetto alle asset class nel gruppo principale.
A finire in serie B troviamo asset class importanti: i bond high-yield e le commodities tanto per dirne due. Solo la spiegazione delle motivazioni alla base di queste scelte meriterebbe la traduzione in Italiano del libro e vale sicuramente i 10-20 euro di costo del libro se capite l'Inglese.

Tanto per darvi una piccola anteprima: le commodity di fatto non danno rendimento extra rispetto all'inflazione nel lungo periodo. Meglio a quel punto altre asset class che sono collegate all'inflazione, ma che sono in grado di fornire anche un rendimento extra (immobiliare). Per quanto riguarda i bond High-Yield invece è un problema di correlazione. Essendo troppo correlati con l'azionario non sono in grado di compensarne i cali quando serve.

Interessante vero? Per maggiori dettagli leggete Unconventional Success. Le spiegazioni dell'autore, numeri alla mano, sono davvero convincenti.

Il lazy portfolio di Swensen - La pratica.

Probabilmente vi ho già stufato con questi discorsi, quindi passiamo a quello che vi interessa veramente: la pratica!
Vediamo il portafoglio originale di Swensen.

Asset Class % Allocazione
Azioni USA30%
Azioni Paesi Sviluppati15%
Azioni Emergenti5%
Real Estate20%
Titoli di Stato USA15%
Titoli di Stato indicizzati
all'inflazione
15%
Per la sua conversione al caso dell'investitore italiano ho fatto le seguenti assunzioni: come mercato di riferimento ho preso l'area Euro (il nostro mercato domestico). Tutto quello che nel portafoglio di Swensen è in dollari è convertito nell'equivalente in Euro. 
Per la costruzione del portafoglio ho scelto vari ETF (perchè l'autore sostiene una gestione passiva) a capitalizzazione (perchè mi risparmio di tracciare le distribuzioni dei dividendi).

Questo è il portafoglio che ho ottenuto.

Asset Class % Allocazione
iShares MSCI EMU UCITS ETF30%
Amundi World Ex-Emu15%
AMUNDI ETF MSCI EMERGING MARKETS5%
xtrackers FTSE EPRA/NAREIT
Developed Europe Real Estate
20%
AMUNDI ETF GOVT BOND
HIGHEST RATED EUROMTS
15%
xtrackers iBoxx Euro
Inflation-Linked UCITS ETF
15%

Come vedete gli strumenti sono di vari gestori. I criteri per la selezione sono sostanzialmente tre: essere un ETF a capitalizzazione, essere sull'indice appropriato e essere già quotato al 30 Aprile 2012. La scelta di un particolare ETF non significa che questo ETF sia il migliore nella sua categoria.

Per il confronto con i fondi attivi menzionato nel post sui lazy portfolio ho deciso di seguire queste regole:
  • Acquisto al prezzo di chiusura (per semplicità)
  • Commissioni allo 0,19%, minimo 3 - massimo 19 euro.
  • Ribilanciamento trimestrale secondo la regola del 5/25, eseguito il primo lunedì successivo alla chiusura del mese (ipotizzando che l'investitore controlli la sua posizione nel weekend)

Il benchmark.

Ovviamente per valutare la qualità di questo portafoglio abbiamo bisogno di un punto di riferimento, di un benchmark. Marketwatch utilizza lo S&P 500. Io preferisco utilizzare quello che utilizzerebbe il piccolo investitore Italiano: un fondo attivo.

Vi ho già spiegato in un recente post come selezionare un fondo attivo. Rispetto a quanto esposto in quel post aggiungo alcune considerazioni ulteriori. Ho voluto selezionare un unico fondo bilanciato, principalmente per un motivo: l'efficienza fiscale.

Se avessi selezionato un portafoglio di fondi attivi avrei avuto lo stesso problema che avrò con il ribilanciamento del portafoglio di Swensen: l'Erario tassa le plusvalenze in sede di ribilanciamento. Selezionando un unico fondo bilanciato il problema non si pone. Le eventuali riallocazioni sono eseguite in capo al gestore e, nell'ipotesi di non intervenire sul portafoglio, non si pagano tasse fino alla vendita.

Il portafoglio di Swensen è azionario al 70%. Non è facile individuare fondi bilanciati con questa quota di azionario che rispettino anche i filtri severi che abbiamo impostato nel post su come selezionare un fondo attivo. Ne ho trovato uno, tuttavia, che:
  • Ha un benchmark al 65% azionario, molto simile a quello del lazy portfolio;
  • Ha 4 su 5 in Lipper Leaders per il costo (avremmo preferito 5 su 5) e punteggio pieno per costanza di rendimento
  • Il fondo gode del rating Argento da parte di S&P Capital IQ e lo detiene da almeno 5 anni.
In particolare il rating di S&P è un rating qualitativo sull'abilità del management e sulla qualità del processo di selezione...

Insomma.. abbiamo un fondo che dovrebbe essere un cavallo di razza nel campo dei fondi attivi. Volete sapere il nome? Si tratta del Templeton Global Balanced Fund - Classe A EUR (LU0195953822)

In questo caso ipotizzeremo di acquistare il fondo presso un intermediario che ci azzeri le commissioni di ingresso, limitandoci a pagare le commissioni di banca depositaria (12 euro).

Vi state perdendo? Facciamo il punto.

Ricapitoliamo:
  • 100.000 euro da investire.
  • Inizio al 30 Aprile 2012
  • Due portafogli a confronto: il Lazy Portfolio di Swensen contro un fondo attivo selezionato secondo severissimi criteri.
Se avessimo acquistato il nostro lazy portfolio ad Aprile 2012 e avessimo controllato per il ribilanciamento ogni 3 mesi (e quindi a fine Luglio, Ottobre, Gennaio e Aprile) non avremmo avuto ribilanciamenti fino ad oggi (20 mesi dopo).

La situazione all'ultimo controllo (Ottobre 2013) sarebbe stata la seguente:







Come si può vedere nessuna delle asset class ha fatto scattare il ribilanciamento. Nessuna ha uno scostamento maggiore del 5% del portafoglio, e nessuna ha avuto uno scostamento del 25% della propria allocazione. Il 25% di 15% sarebbe, ad esempio il 3,75% del portafoglio, ma sia i bond governativi che i bond indicizzati all'inflazione sono ben lontani da questi valori. (ovviamente le azioni Area Euro sono sopra a questa soglia, ma la soglia da tenere in considerazione per loro è il 5%. 30%*25%=7,5% che è superiore al 5% e quindi non scatterà mai)

Il vincitore.

Chi è in testa alla gara fino ad ora?

Vediamolo subito con un grafico... In verde trovate il Lazy Portfolio di David Swensen, in viola la performance del Templeton Global Balanced Fund.
Lazy Portfolio Swensen vs Templeton Global Balanced

Come potete vedere i due portafogli sono abbastanza simili nel loro andamento.
Al 18 dicembre 2013 la differenza tra i due è di circa 1000 euro di valore finale, con un rendimento annualizzato del 12,41% per il Templeton e dell'11,8% per il Lazy Portfolio di Swensen.

Per inciso con entrambi si sarebbero guadagnati circa 20.000 Euro in un 20 mesi, investendo 100 mila euro.

Non male no?

Vedremo se andando avanti avranno maggiore impatto le maggiori commissioni del Templeton Global Balanced fund o se invece le penalizzazioni fiscali sui ribilanciamenti favoriranno il Lazy Portfolio di Swensen. 

In ogni caso ricordatevi sempre che questi non sono consigli di investimento ma solo considerazioni sugli strumenti a vostra disposizione.

Voi che ne pensate?
Commentate il post e fateci sapere il vostro punto di vista!

Aggiornamento.

Se vi chiedete come sta andando il portafoglio dopo 15 mesi, potete verificarlo qui:

sabato 14 dicembre 2013

Come selezionare un fondo attivo


Come si seleziona un fondo attivo?


Probabilmente ci siamo posti questa domanda alcune volte nella vita, magari parlando con il nostro promotore finanziario o magari semplicemente riflettendo su cosa includere nel nostro portafoglio.

Il primo criterio a cui tutti guardiamo è il rendimento. Ma è corretto selezionare i fondi su cui investire in base al rendimento?
Avete mai notato la scritta in piccolo nei documenti che vi propone il vostro promotore finanziario? C'è scritto "i rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri".
E questo è verissimo.

Spesso se si prende in esame una categoria di fondi si nota come i migliori degli anni precedenti tendano a sottoperformare il resto della categoria in seguito.

Come mai? La risposta più semplice è che solitamente quelli che hanno rendimenti molto elevati hanno anche un rischio maggiore e quindi tendono a perdere più del resto della categoria quando le cose vanno male.

E' sufficiente guardare i rendimenti aggiustati per il rischio?

Ci sono diversi modi per correggere i rendimenti dei fondi sulla base del rischio del fondo. I due indici più comuni sono l'indice di Sharpe e l'indice di Sortino. Si tratta di due misure che mettono a confronto il rendimento ottenuto con la variabilità dei rendimenti. In questo modo si tiene conto del maggior rischio assunto nel valutare il rendimento del fondo comune preso in esame.

E' tuttavia sufficiente questo accorgimento per identificare i migliori fondi? 

Per rispondere vi rimando a questo link dell'autore dell'indice di Sharpe: http://www.stanford.edu/~wfsharpe/art/stars/stars6.htm

In particolare, quello che ci interessa sono i 3 grafici seguenti. Il primo mostra il valore dell'indice di Sharpe al variare del costo di un gruppo di fondi.

Il grafico mostra come varia l'indice di Sharpe al variare del costo del fondo


L'asse verticale mostra il valore medio dell'indice di Sharpe di un gruppo di fondi, mentre l'asse orizzontale il decile di riferimento per spese.
Per chiarire: la prima barra mostra il valore medio dell'indice di Sharpe del 10% di fondi con i costi minori, l'ultima il valore medio dell'indice di Sharpe dei fondi con i costi maggiori.

Ricordo che questo indice misura il rendimento rapportato al rischio. Questo significa che i fondi con costi minori hanno avuto rendimenti aggiustati per il rischio migliori. Interessante no?

Il secondo grafico è analogo, ma prende in esame il tasso di turnover del portafoglio (ovvero quante volte un fondo vende e compra i suoi asset in un determinato periodo).
Il grafico mostra come varia l'indice di Sharpe al variare del tasso di turnover dei fondi di riferimento

La prima barra mostra il valore medio dell'indice di Sharpe del 10% dei fondi con il minor tasso di turnover del portafoglio, l'ultima il valore medio dell'indice del 10% dei fondi con il tasso di turnover più alto. Anche in questo caso la conclusione che possiamo trarre è che i fondi con il minor tasso di turnover di portafoglio sono anche quelli con i rendimenti aggiustati per il rischio migliori.

Il terzo e ultimo grafico, invece, mostra come varia l'indice al variare della dimensione degli asset investiti nel fondo (l'AUM)
Il grafico mostra come varia l'indice di Sharpe al variare della dimensione del fondo.

Non mi soffermerò su questo grafico, in quanto lo stesso Sharpe commenta più avanti nel suo articolo come la relazione tra AUM e indice di Sharpe sia statisticamente molto meno significativa rispetto a quella tra indice e costo e tra indice e turnover di portafoglio.

Quello che mi preme evidenziare è come ci siano due fattori che sembrano avere una forte correlazione con il rendimento aggiustato per il rischio dei fondi: il costo e il tasso di turnover.

Gli altri fattori

Il rendimento aggiustato per il rischio non è quindi l'unica misura da prendere in considerazione ma, piuttosto, il costo e il tasso di turnover di portafoglio vanno inclusi nel metodo di selezione.

Nel suo libro Common Sense on Mutual Funds John Bogle (fondatore di Vanguard ed ex gestore di fondi di investimento) elenca alcuni criteri per la selezione di un fondo attivo adeguato:


  1. Basso costo (e con Sharpe abbiamo visto perchè)
  2. Non cercare i rendimenti passati o manager famosi (in quanto non sono garanzia di rendimenti futuri)
  3. Ricerca la costanza dei rendimenti (meglio un fondo che rimane sempre nel secondo e terzo quartile che uno con grossi sbalzi da primo a ultimo)
  4. Favorire l'efficienza fiscale (cioè il basso turnover, come mostrato anche da Sharpe)
  5. Preferire le società che controllano il rischio e che allineano gli interessi dell'investitore con quelli del manager (per esempio obbligandolo a investire nel fondo importi significativi)
  6. Stare lontani da fondi con un AUM troppo elevato.
Il sesto punto potrebbe sembrarci in contrasto con i consigli di Sharpe. In realtà ricordo ancora che lo stesso Sharpe ha affermato come la relazione tra il suo indice e le dimensioni del fondo non sia statisticamente significativa.

Inoltre all'aumentare della dimensione di un fondo si riducono anche le possibilità di acquistare titoli a prezzi convenienti (un conto è acquistare lo 0,1% di un titolo in Borsa, un conto doverne acquistare un 2-3% facendone salire il prezzo mano a mano).

Ancora sul costo

Alcuni di voi staranno pensando, magari, alle stellette di Morningstar. D'altronde si tratta di uno strumento che i promotori amano molto e che usano per convincervi che un fondo è particolarmente valido rispetto a un altro.

Se leggete questo blog dovreste innanzitutto aver pensato: "Ma si tratta di uno strumento che esamina i rendimenti passati!" (e quindi fuffa).

Se ancora non vi viene spontaneo sappiate che Morningstar stessa ha affermato (con grande onestà) che le stellette prevedono i rendimenti futuri peggio che il semplice ordinamento per costo dei fondi.

Per chi fosse interessato qui il link alla notizia.

Dalla teoria alla pratica

I criteri che vi ho riportato sopra saranno quelli che utilizzerò per selezionare i fondi attivi che costituiranno il benchmark dei lazy portfolio che saranno adattati all'investitore europeo e monitorati periodicamente.

Vi invito ad utilizzare gli stessi criteri per valutare i fondi attivi che attualmente avete in portafoglio e decidere quali siano eventualmente da riconsiderare o da portare all'attenzione del vostro promotore per una potenziale sostituzione.

Un utile strumento per facilitare la vostra ricerca è il sito http://www.lipperleaders.com/ che vi permette di selezionare i migliori fondi di una particolare categoria per costo e costanza di rendimento (tra le altre cose).

Utilizzate lo spazio dei commenti per farci sapere cosa avete scoperto!

PS

Come avrete notato non viene affrontato in questo articolo il problema della selezione della categoria di asset nei quali investire. A tale proposito vi rimando alla nostra Guida all'investimento.

mercoledì 11 dicembre 2013

Confronto BFPI-BTP Dicembre 2013 -Gennaio 2014

Flash post in seguito alla comunicazione dei tassi per la nuova serie di Buoni Postali indicizzati all'inflazione, la serie J42.

Anche per questo mese i tassi restano invariati, quindi vi rimando al post di Settembre.
Confronto BFPI-BTP Settembre-Ottobre 2013

Nei prossimi giorni valuterò se la curva dei tassi dei BTP e dei BTPi si sia spostata in modo tale da richiedere un ulteriore aggiornamento anche a fronte dei tassi costanti dei buoni postali.


lunedì 2 dicembre 2013

Il rischio di deflazione in Europa - punti di vista

L'economista Irving Fisher

Il rischio deflazione

Siamo abituati a considerare l'inflazione un nemico.
Nel caso in cui aumenti l'inflazione i beni costano di più e se non abbiamo investito in maniera corretta i nostri risparmi ci permetteranno di comprare meno beni in futuro.

Se questo è vero, perchè in Europa si inizia a parlare di pericolo di deflazione?

Nello specifico il pericolo che preoccupa l'Europa è la deflazione da debito teorizzata per la prima volta da Irving Fisher negli anni '30.

Si tratta di un circolo vizioso per cui in seguito a un eccesso di indebitamento vi è un calo di fiducia da parte dei debitori o dei creditori. I beni reali vengono svenduti per poter liquidare i debiti e ciò porta a una contrazione della base monetaria che porta, di conseguenza, a un calo generalizzato dei prezzi.
Questo porta però a un maggior debito in termini reali. Per coprirne il costo vengono alzate le tasse /diminuite le spese e questo porta a riduzione dei consumi, riduzione dei profitti delle imprese, minori investimenti, minore fiducia... alla fine si arriva al paradosso che il debito continua ad aumentare e la fiducia a peggiorare.

Vi invito a leggere l'interessante articolo di Mario Seminerio in merito.

Punti di vista dall'estero

Trovo interessante anche l'intervista pubblicata da IndexUniverse.eu a Westaway, capo economista di Vanguard  ed ex membro del direttivo della Bank of England.

Quello che trovo interessante nel commento di Westaway è un passaggio in particolare, più o meno a metà intervista, nel quale delinea quella che potrebbe essere la soluzione che è nelle menti del mondo finanziario alla crisi europea.

Al fine di far recuperare competività ai Paesi periferici l'obiettivo a tendere della BCE dovrebbe essere quello di creare le condizioni per un'inflazione sopra al 2% in Germania e inflazione minore nei Paesi come Italia e Spagna, in modo tale da far diminuire il costo del lavoro in questi Paesi in termini relativi rispetto alla Germania.

Il rischio è tuttavia quello di mandare in deflazione non l'intera Unione, ma solo i Paesi periferici. Francamente penso che giocare sul filo di lana dell'inflazione intorno allo 0,5%-1% sia molto pericoloso. Non credo che le banche centrali siano in grado di intervenire con tale precisione sul livello dei prezzi... non vorrei che a un certo punto si finisse in una spirale deflazione-recessione da fare invidia al Giappone...

Come si investe per proteggersi dalla deflazione?

In caso di deflazione i titoli migliori sono quelli a tasso fisso. Il tasso nominale predeterminato, infatti, permette di avere rendimenti reali positivi. Immaginate di avere un titolo di stato che renda il 5% nominale. Se i prezzi dovessero cadere dell'1% annuo il rendimento netto sarebbe del 6% in termini reali.

Anche i buoni postali indicizzati all'inflazione sono un buon argine nei confronti della deflazione, con il vantaggio di venir buoni per entrambi gli scenari (inflattivo e deflattivo). Nel caso in cui siamo in presenza di inflazione, infatti, i buoni continueranno ad offrire un rendimento reale positivo (anche se via via minore all'aumentare dell'inflazione) pari alla parte reale di rendimento garantita al momento della sottoscrizione.

Questa parte reale entra in gioco anche nel caso di deflazione, garantendo un extra rendimento rispetto a uno scenario deflattivo.

Ovviamente tutto questo è valido anche nel caso di BTPi (anche se in questo caso dovrete avere i nervi saldi, visto che probabilmente i prezzi fluttueranno, pur garantendovi migliori rendimenti).

In caso di deflazione, invece, non sono particolarmente indicate le azioni. Il calo dei prezzi porta a una diminuzione dei profitti delle imprese... e come abbiamo visto nel post dedicato al perchè investire in azioni ciò non è buona cosa per i corsi azionari.


mercoledì 27 novembre 2013

I costi di un fondo, incidono sui rendimenti?

Tra i vari modi di investire disponibili per un piccolo investitore, avrete capito che quelli preferiti da me sono quelli che garantiscono la maggior diversificazione possibile: fondi comuni ed etf quindi sono due strumenti che secondo me devono essere ben presenti nell'arsenale dell'investitore.

In questo post vorrei concentrarmi sui primi, i fondi comuni.

Chi più spende...

... meno spende.  Questo almeno è quello che recita un noto proverbio e, per certi versi, per molti acquisti nella nostra vita è vero. Probabilmente acquistare un elettrodomestico scadente ci porterà a cambiarlo prima. Comprare vestiti scadenti farà sì che si rovinino e diventino impossibili da portare prima di quel che farebbero vestiti di maggiore qualità.

E in finanza?

Proviamo a capirlo.
Prendo ad esempio la categoria dei bilanciati moderati globali (in euro) di Morningstar.
Il grafico sottostante mostra nell'asse orizzontale il costo del fondo, espresso dal TER, mentre nell'asse verticale mostra i rendimenti del fondo preso in esame nell'arco degli ultimi 5 anni.


Come si evince dal grafico c'è una generale tendenza a rendimenti più alti quando il TER rimane più a sinistra nel grafico.

Se mettiamo i dati in tabella questa tendenza appare immediata

Rendimento a 5 anni
Ter del FondoMedioMinimoMassimo
Da 0 a 15,683,647,72
Da 1 a 27,14-0,8211,07
Da 2 a 37,401,1011,97
Da 3 a 46,162,057,62
Da 4 a 53,823,743,89
Da 6 a 7-0,55-0,55-0,55

I fondi con TER da 0 a 1 non sono (sorprendentemente) tra i primi per rendimento medio, ma va detto che il campione è limitato a pochissimi fondi e mi sentirei di sospendere il commento.

I fondi con TER tra 1 e 2 e tra 2 e 3 presentano rendimenti simili e una dispersione paragonabile.

Andando oltre si nota come i rendimenti medi si abbassino e anche nel caso si ottenesse il rendimento massimo della categoria si è comunque al di sotto del rendimento medio delle due categorie precedenti.

Quindi?

Questa breve analisi non vuole avere la pretesa di essere una pietra miliare della finanza.
Vuole però porre l'attenzione su un aspetto spesso trascurato nella selezione dei fondi comuni: il costo è un elemento importante per le performance dei nostri fondi.

Spesso non è vero che un fondo con spese maggiori ci porti anche manager più bravi.

D'altro canto concentrandosi su fondi poco costosi si migliorano le possibilità di avere rendimenti migliori rispetto alla categoria.

Approfondirò ulteriormente la questione in futuro in altri post, anche perché la categoria, pur essendo di grande interesse per il piccolo risparmiatore, non presenta una numerosità tale da essere statisticamente significativa.

Inoltre in questa breve analisi non ho corretto i rendimenti per il rischio, cosa che invece sarebbe opportuno fare.

Se l'argomento vi interessa continuate a seguire il blog!




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